Il Viaggio. Dove la scrittura e il coaching si incontrano.

Mar 25, 2022 | Scrittura di viaggio, Scrittura e Coaching, Writers coach

Varanasi – Dasaswamedh Ghat

Varanasi, o Benares, in India, è una tappa importante in un viaggio che, anche se intrapreso come uno dei tanti per chi ama girare il mondo, finirà per travolgerti spiritualmente.

Arrivammo al ghat[1] nel tardo pomeriggio, quando, come in teatro, cominciano ad abbassarsi le luci preannunciando l’imminente inizio dello spettacolo.
Non fu facile raggiungerlo: gente ovunque, che si muoveva attorno a noi, ammassata ai bordi della strada o sui gradini.

Ogni tanto si incontrava un Sadhu[2] raccolto in preghiera, vestito di abiti succinti, con il viso e la fronte dipinti e al collo un mālā[3] da meditazione, con i centootto semi di grossi rudraksha.

Sadhu

Tutte queste figure che convivono tra loro contribuiscono a calarti in quell’atmosfera che fa di Benares la città più importante per l’induismo. 

Vita e morte camminano parallele, in un susseguirsi di emozioni, anche le più intime, che si mostrano davanti agli occhi di tutti, anche di coloro che non vorrebbero né vedere, né vivere certe situazioni.

Una energia spirituale ti avvolge e non ti puoi sottrarre: per il tempo della tua permanenza finirai per essere parte di quella trama, incrociando la tua vita con quella di persone che intrecciano la loro con la morte, uno dei più nobili e auspicabili incontri che ci si augura di fare proprio in quella città.

Per ogni hindu è un privilegio poter morire a Varanasi, città sacra, meta di chiunque senta di essere vicino alla fine dei propri giorni nel corpo fisico affidatogli, liberandosi così dal ciclo delle reincarnazioni e potersi unire al divino.

La maggior parte dell’umanità che si incontra è costituita da gente comune, intenta a raggiungere il fiume o seduta per strada, come certe madri che osservi, sedute solo per concedersi un po’ di riposo mentre stringono a sé il figlio più piccolo.

È quello che vedi, e ancor più ciò che leggi in quegli occhi che ti guardano mentre cerchi di farti strada, che ti entra dentro.

Vorresti fermarti dopo ogni passo, capire, parlare con quelle persone, sentire la loro voce, lasciarti immergere nella loro storia.
Sono sguardi carichi di domande, ma tu percepisci quelle che vorresti rivolgere loro.
Non puoi, non sai come fare, ti sembra impossibile, pensi quasi di vivere dentro un film.

E mentre scendi dai gradini del ghat per raggiungere la riva del fiume, provi la sensazione di avvicinarti a quello che ai tuoi occhi sembrerà un inferno.
Ma non incontrerai delitti sempre più efferati man mano che procedi, bensì difficoltà, dolore e miseria che non credevi fosse possibile vedere materializzati su questa terra.

Essi altro non sono che fibre di un tessuto di situazioni al limite, sopravvivenze aggrappate all’unico filo che serve per vivere, nude di fronte a ogni materiale difficoltà, forti solo di quella fede che arriva in soccorso quando meno te lo aspetti.

Ma non sai se questa fede sia rivolta a salvare questi esseri umani e dare ancora una possibilità alla vita, oppure a prolungare uno stato di difficoltà ai nostri occhi insostenibile.

Avresti preferito fossero solo immagini di un documentario, messe lì apposta per rendere più vera e far capire una realtà a chi la osserva da distante, a chi poi riemergerà da quei luoghi per fare ritorno a realtà distanti, dove si dimentica cosa significhi lottare ogni giorno, in maniera silenziosa, per la vita.

Ma ora sei dentro quel film, quello che vivi dal primo momento che arrivi in India, del quale ogni giorno che passa, sei sempre più personaggio.


Non pensavi potesse succedere, dopo tutto quel tempo, ma il cuore trova la forza per stringersi ancora.
Benares è così: meglio arrivarci dopo essere entrati in confidenza con lo spirito di quel paese, che non finirà mai di stupirti e travolgerti al tempo stesso.
Bisogna essere sempre pronti perché in ogni momento potresti incontrare qualcosa di nuovo, particolare, unico.

La cerimonia Aarti a Varanasi è dedicata alla Dea Madre Ganga, la Dea che protegge il più sacro dei fiumi indiani, il Gange, meta, almeno una volta nella vita, di ogni devoto della religione hindu.

Si svolge due volte al giorno, all’alba e al tramonto, nel Dasaswamedh Ghat.

Situato vicino al tempio di Vishwanath, rappresenta uno dei principali ghat dove la folla dei fedeli si raccoglie per celebrare questa manifestazione, che vuole essere un ringraziamento al fiume, o meglio, alla dea Ganga, divinità femminile considerata la madre della cultura hindu.

Mentre con una mano brandiscono dei deepam[4] e con l’altra suonano ininterrottamente una campanella, alcuni giovani bràmini[5]  eseguono un’elaborata Puja[6], un rituale di offerta che trova nel fuoco la sua componente essenziale.

Bràmini – Momento Cerimonia Aarti

Al ritmo del bhajan, un particolare canto devozionale, i bràmini alternano evoluzioni con vari tipi di bracieri, anfore, ornamenti con piume di pavone, accompagnati, nei loro movimenti, anche dal contributo di alcuni fedeli che suonano tamburi mentre altri, attraverso lunghe corde, fanno tintinnare campanelle situate all’alto di postazioni illuminate la cui forma ricorda degli ombrelli.

Verso la fine della cerimonia i fedeli si avvicinano alle acque del Gange. 

In genere, ognuno di loro utilizza un vassoio di metallo cosparso di fiori, sul quale viene adagiata una lampada riempita con del burro chiarificato, chiamato Ghee, oppure olio, per mantenere alimentata la fiamma che brucia uno stoppino di cotone. 

A volte il cotone viene sostituito con della canfora: ecco allora che il rituale assume un particolare significato simbolico.

La canfora, che arde senza lasciare residui, simboleggia l’ego[7] che, una volta raggiunta la realizzazione spirituale, scompare senza lasciar traccia.

L’atmosfera che si crea, fatta di incenso, fuoco, suoni di tamburi e un continuo scampanellio, risulta mistica e coinvolgente, non solo per gli indiani ma per chiunque abbia l’immensa fortuna di assistere.


Alla fine, su piccole barche di foglie intrecciate, si affidano anche fiori e candele alle acque del Gange, che li trasportano lontano dalla riva fino al centro del fiume, come nell’atto di portarli vicino al cuore.

La Dea Ganga, che a differenza di molte altre divinità hindu non è né distruttiva né spaventosa, accetterà e saprà perdonare tutto.

Accoglierà le preghiere e le intenzioni di un popolo che da sempre – nonostante la vita sopra il ghat scorra verso un futuro che lì sembra arrivare più lentamente – si affida alla sua grandezza.

Il Gange, dunque, è la linfa vitale della tradizione induista e per questa ragione il fiume viene protetto e vissuto quotidianamente.

È stata una delle cerimonie più coinvolgenti alle quali ho preso parte.
Impossibile rimanere distaccati e non farsi travolgere dalle emozioni, e allo stesso tempo non trovare punti di incontro nel rituale che conducano alla nostra religione.

Anche noi preghiamo, porgiamo offerte nelle chiese, accendiamo candele attribuendo alla loro luce la facoltà di allontanare le tenebre che, a volte, si impadroniscono del nostro animo.

La musica accompagna anche le nostre funzioni religiose e la campanella scandisce momenti importanti nella celebrazione.

Come nel coaching, anche nella vita servono domande efficaci per trovare le risposte che sappiamo essere giuste per noi.

Spesso le domande arrivano solo guardando le persone con animo aperto.
Ma le storie dialogano fra loro, e anche in esistenze così distanti dalle nostre, potremo riconoscere quel filo invisibile che ci accomuna.

Vita e spiritualità si intrecciano come trama e ordito in un tessuto che ci avvolge, e che ogni popolo tinge ed arricchisce con l’unicità del proprio vissuto.

Se questo sarà lo spirito che ci motiva, la nostra vita, da quel momento, finirà per trascendere il reale.

Anche tu stai pensando a un viaggio in un luogo di spiritualità ma non sai deciderti? 

Contattami: costruiremo insieme un percorso di coaching per sciogliere i nodi che ti impediscono di decidere.

Foto © Mariangela Ottaviani


1 I Ghat, o ghat cerimoniali, sono le lunghe scalinate che dalla città di Varanasi (Benares) scendono al Gange, fino ad arrivare al bordo dell’acqua e consentire di entrare nel fiume, sia in occasione di particolari cerimoniali o per le abluzioni, pratica giornaliera osservata dai seguaci dell’hinduismo.

2 I Sadhu (dal sanscrito sādhus, uomo buono, onesto, un santo o un saggio), detti anche santoni, sono asceti induisti che hanno scelto la meditazione per dedicarsi alla ricerca spirituale.

3I mālā (o mala), che in sanscrito significa corona o ghirlanda, sono un rosario meditativo, proprio della religione induista,   composto da centootto semi di rudraksha. Viene usata appunto come strumento di meditazione o per il conteggio dei mantra.

4 Lampade ad olio con più braccia.

5 Giovani Bràmini, ovvero Pandit, sacerdoti induisti.

6 Atto di adorazione nei confronti di una particolare divinità.

7 Per approfondimenti https://www.consciousjourneys.com/it/approfondimenti/india/ganga-aarti-rituale-induista-dedicato-al-sacro-gange/

 

 

 

 

 

 

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