Rullaggio terminato, allineati in pista, cinture di sicurezza allacciate, rincorsa e via.
Siamo in alto.
Prendiamo le distanze dalla terra e dai pensieri.

È sempre un’emozione – almeno per me che amo sentire qualcosa di fermo sotto i piedi – rendersi conto di essere in alto, nel cielo, in mezzo all’azzurro.
Penso a quando, da bambini, con gli occhi all’insù, proteggendoci dal sole con una mano, cercavamo di capire da dove arrivasse il rumore, per poi seguire con lo sguardo l’aereo finché non ne rimaneva solo la scia.
Ora siamo su quell’aereo.
Proviamo a ritrovare quella spensieratezza.
In basso, lontano, la terra nei colori pastello, in un alternarsi di case, montagne e campi che sembrano disegnati con una matita su un foglio a quadretti.
A volte, invece, tutto attorno il mare.
Non vediamo confini, barriere o differenze se non quelle definite e stabilite dalla natura del territorio.
Ne apprezziamo le sfumature vivaci o spente, che variano al mutare della luce che il sole rimanda.
Da questa prospettiva anche le nostre preoccupazioni cominciano ad alleggerirsi.
Sentiamo la mente che inizia a liberarsi e ritrovare quella trasparenza che le permetterà di accogliere e lasciar passare immagini diverse, stimoli per nuovi pensieri.
Forse dobbiamo prendere le distanze da tutto per capire il tutto.
Anche il tempo sembra aver cambiato passo.
Cosa è cambiato?
- Abbiamo lasciato da una parte il quotidiano che ci vede impegnati
- Preso le distanze da ciò che adesso non serve
- Siamo immersi nelle immagini nuove che si susseguono
- Iniziato ad ascoltarci
Ci accorgeremo che il tempo passa più lento quando lo viviamo per noi.
Ho voluto sottolineare “quando lo viviamo per noi” perché, spesso, lasciamo che il tempo ci passi accanto, perdendo la possibilità di vivere in pienezza il momento che ci vorrebbe protagonisti.
Succede, a volte, anche con le persone a noi più care: condividiamo il loro spazio con inconscia indifferenza, incapaci di sentire il loro bene.
Ci arrabbiamo per cose che da lassù neanche si vedono.
Pensiamoci.
Anzi: scriviamo i pensieri che ora cominciano ad arrivare.

Perché? Per ritrovarli, anzi, per ritrovarci.
Facciamo in modo che la nostra vacanza rappresenti non solo un momento di relax, ma si traduca in un’esperienza positiva e utile.
Come possiamo fare?
Per ora è sufficiente esercitarsi a prestare una maggiore attenzione.
A cosa?
A ciò che vediamo attorno a noi:
- le persone che incrociamo per strada o nei luoghi che visitiamo
- i colori che predominano nell’ambiente in cui ci troviamo
- i profumi tipici che si diffondono e che ci investono lungo il cammino
- una pietanza che ci riporta ad un momento particolare della nostra vita
Ma anche a quello che sentiamo dentro:
- un’emozione positiva mossa da una scena di cui siamo spettatori
- la gioia alla vista di un oggetto che richiama un ricordo piacevole
- una velata tristezza nell’udire una musica per noi evocativa
- lo stupore nel constatare che alcune abitudini sopravvivono al tempo
“Ma io volevo fare una vacanza, non fare i compiti!”
Eh si, capisco. Ma non sarà un compito, non ne ha le pretese, si tratta di una buona abitudine da acquisire.
Basta solo una penna ed un quaderno, o un taccuino, che di sicuro troverà spazio nello zaino o nella borsa che portiamo sempre con noi.
Non serve preoccuparsi di tracciare uno scritto organizzato, controllare grammatica e sintassi, renderlo in forma piacevole alla lettura.
Questo, se vorremo, lo affronteremo in un secondo momento.
Per ora limitiamoci a fare spazio nella mente fino a permetterci di cogliere ogni particolare: senza accorgercene avremo nutrito anche la nostra parte interiore.
Proviamo a mettere da parte i giudizi, le preoccupazioni, i desideri assopiti e vediamo cosa si presenta.
La crescita intellettuale ed il rispetto per la condizione umana ci hanno insegnato ad impegnarci in azioni che abbiano sempre un effetto utile, o iniziative in grado di assicurare un valore aggiunto.
Ma non adesso.
Abbiamo imparato a perseguire questi intenti ad ogni costo, sempre, e siamo in grado di farlo bene.
Troppo.
Siamo arrivati a dimenticare i bisogni, ad essere distratti in quelli degli altri, addirittura inconsapevoli, a volte, di ferire chi ci sta accanto.
Adesso abbiamo il permesso di svestirci di questa consuetudine.
Possiamo spostare lo sguardo e puntarlo su di noi.

Il tempo è nostro, ci vuole accanto.
Senza, sarebbero solo lancette che girano in un quadrante.
La nostra preoccupazione ora deve essere quella di riservare ad ogni attimo l’attenzione che merita, dedicargli la nostra presenza, il nostro sentire.
E soprattutto approfittare di questo tempo per chiederci:
- sto vivendo per me?
- la mia vita rappresenta davvero la miglior espressione di me stesso?
- sono veramente io con le persone che vivono accanto a me?
Quando lasciamo andare il controllo, aria nuova si allea alla mente.
Con queste premesse riusciamo a sentire le persone, le percepiamo vicino a noi, percorriamo assieme lo stesso sentiero.
Possiamo riuscire a realizzare quel bisogno di equilibrio tra
essere, sentire e manifestare.
Sono questi i livelli che ci identificano come persone intelligenti, sensibili ed in grado di condividere le qualità che ci rendono unici.
Riusciremo a vedere attraverso quella consapevolezza che non arriva solo dagli input sensoriali.
Andare oltre sarà una sfida con noi stessi, ci metteremo alla prova e scopriremo che bastava solo mettersi in ascolto.
Impareremo a fidarci delle impressioni nuove che ora avranno strada libera, certi che saremo in grado di comprenderle e farne un buon uso.
È in momenti come questi che i giudizi accatastati nella mente lasciano il posto alle sensazioni che la realtà non manca mai di restituire a chi si dispone con il giusto atteggiamento.
Ma quante volte ci siano fermati ad ascoltarle?
Forse poche, ma ora viviamo un diverso stato d’animo, lontano dalla nostra quotidianità, che anche se ricolma di attività appaganti, ci ricorda sempre il sapore di un dovere.
È vero: si tratta di qualcosa che facciamo per nostra dignità personale, per la famiglia, per realizzarci come persone, per dare il nostro contributo alla vita di cui siamo parte.
Ora possiamo abbassare le difese e vivere la nostra unicità.
Ci troviamo su un nuovo piano esistenziale dal quale riceviamo inaspettati frammenti di vita.
Sarebbe un peccato lasciar sfuggire momenti di tale intensità senza fissarli nella mente e consegnarli ad uno scritto, pronto a cementare un pensiero scaturito da un presente che forse non incontreremo una seconda volta.
In questo modo non sarà sprecato, diventerà parte del nostro bagaglio esistenziale.
E sarà sempre lì per noi, pronto a ricordarci la nostra natura, qualora ci lasciassimo ancora distrarre.
Non si è mai le stesse persone all’indomani di un viaggio.
Ed è per questo che diventa importante scrivere anche solo un ritaglio di un momento vissuto.
Lasciare poi che le impressioni si sedimentino e vedere cosa sapranno restituirci.
Ci sorprenderemo di ciò che potranno raccontarci, scoprire cosa avranno fatto riemergere e quale grande insegnamento ricaveremo solo riacquistando consapevolezza di ciò che era già in noi.
Non è importante la forma che decideremo di assegnare, o meno, ai nostri pensieri.
L’importante è farli uscire e scriverli.
Sarà come una chiacchierata con noi stessi: rileggendoli ci restituiranno la genesi delle emozioni racchiuse nelle nostre stesse parole.
Forse non tutto ci piacerà o sarà motivo di gioia, ma avremo modo di riprendere quei pensieri e, come in un confronto, discuterne, comprendere il messaggio e, se serve, trovare una soluzione.
E sarà un dialogo sincero, senza sotterfugi verbali, perché noi stessi saremo l’interlocutore, e saranno nostre anche le parole.
Avevi mai pensato che una semplice vacanza potesse diventare un viaggio così importante?
Non importa se non hai mai scritto, né pensato di farlo.
Potrebbe essere una bella esperienza anche il solo provarci. E poi, chissà.
Se ti ho incuriosito e desideri sapere qualcosa in più, per esempio come muoverti in questa nuova avventura, contattami: troveremo insieme la modalità che più si avvicina alle tue esigenze.
Foto © Mariangela Ottaviani





