Scrittura Odeporica – ITACA COME DIREZIONE INTERIORE

Ott 29, 2025 | Scrittura, Scrittura di viaggio

writing coaching

Ci sono viaggi che non cominciano con una partenza, ma con una mancanza.
Qualcosa, dentro di noi, smette di corrispondere a ciò che siamo stati finora.

È allora che nasce il desiderio di partire: non per vedere nuovi orizzonti, ma per ritrovare il centro di noi stessi.

Itaca, nella sua dimensione mitica, rappresenta questa tensione.

La terra che Ulisse desidera ritrovare non è soltanto la patria lontana, ma il punto d’origine della propria identità: ciò che ha dovuto abbandonare per potersi conoscere davvero.

Da questo punto di osservazione, il viaggio smette i panni della fuga, per assumere le sembianze si un cerchio che si chiude.

In questo modo, il ritorno diventa una trasformazione.

crescita personale

Il mito come mappa interiore

La prima opera che il pensiero riporta alla memoria è l’Odissea: la storia di un ritorno, che non si limita al suo significato immediato, ma incarna il cambiamento che vive il protagonista.

Ogni tappa del viaggio di Ulisse diventa così una difficoltà da superare: un percorso che obbliga a deviazioni che costringono, ogni volta, a varcare una nuova soglia.

l mare, a volte agitato, altre ingannevole, diventa la metafora ideale delle emozioni di Ulisse:
paure e desideri che inizialmente lo spingevano avanti, ora richiedono di essere osservati e compresi.

Leggendo quest’opera fondante della letteratura odeporica, non possiamo far altro che renderci conto di quanto tutto questo sia attuale.

Se pensiamo che l’Odissea fu scritta intorno all’VIII o al VII secolo a.C., significa che da 2600 anni a questa parte l’essere umano vive ancora gli stessi tumulti interiori.

Il bisogno di scrivere ciò che ci spinge a viaggiare, i sentimenti e le emozioni che viviamo costantemente – che ne siamo consapevoli o meno –, gli inganni e le illusioni che ancora ci abbagliano, sono parte stessa del genere umano, e continuano a farsi sentire e richiedere attenzione.

Ecco allora prendere vita una verità: non si è mai la stessa persona all’indomani di un viaggio.

Ulisse non rientra per riprendere la vita di prima, ma per riconciliarsi con il proprio vissuto, attribuendo un significato alla dimensione più autentica del viaggio: non più lo spostamento, ma la trasformazione.

 

crescita personale

Il ritorno come esperienza di consapevolezza

Spesso si associa un viaggio con la scoperta di un altrove: nuove terre, culture, orizzonti, popoli, usanze.

Ma se osserviamo con attenzione la storia della scrittura odeporica, ci accorgiamo che i testi più profondi parlano sempre del ritorno.

Perché questa attenzione al ritorno e non al viaggio stesso?

Perché non si tratta solo di rientrare nel luogo da cui siamo partiti.

È un ritorno con una nuova consapevolezza, con uno sguardo rinnovato:
da un lato ci restituisce l’immagine del luogo che fu la nostra partenza, dall’altro un nuovo punto di ripartenza che ci attende.

Considerato da questa nuova angolazione, rappresenta l’atto più consapevole del viaggio: la presa di coscienza che l’esperienza ci ha cambiati.

Viaggiare per ricordarsi chi si è

Ogni epoca ha la sua Itaca, ma il bisogno che muove l’essere umano resta lo stesso: ritrovare se stessi.

Anche se cambia la meta, se il motivo che ci spinge a partire è diverso, se le situazioni cambiano nell’oggetto, il cammino conserva il suo senso originario: più che arrivare, ci guida a trasformarci.

La partenza ci costringe a lasciare sospeso un frammento di identità, che solo al ritorno riusciremo a riunire. In quel ricongiungimento – tra chi eravamo e chi siamo diventati – riconosciamo il vero valore del viaggio.

Questo si collega all’idea di un’esperienza di viaggio di tipo circolare: la partenza è essenziale per avviare la nostra “ricostruzione interiore”, ma è il ritorno che ci permette di consolidare identità e coscienza, definendo chi siamo diventati.

Nel concetto di viaggio circolare è racchiusa quindi l’importanza del ritorno.

Utilizzare la scrittura per attribuire forma, ordine e senso a un gesto che ci ha arricchito, contribuisce a chiudere il cerchio e definire l’immagine che ci identifica come persone diverse, valorizzate dall’esperienza vissuta.

Nonostante si muovano in direzione contraria, partenza e ritorno contribuiscono a completare l’aspetto emotivo di colui che ha compiuto il viaggio.

Da un lato si presenta la curiosità, anche se accompagnata – almeno nella fase iniziale – dal disagio per il distacco.

Dall’altra il ritorno a ciò che per ognuno costituisce la normalità, la ripresa del quotidiano, seppur non sia più la stessa persona a muoversi in quel contesto.

crescita personale

La scrittura come Itaca del pensiero

Se il viaggio è movimento esteriore, la scrittura è il suo riflesso interiore:
 -fermarsi,
 -osservare e
 -dare forma all’esperienza.

In questo modo, il viaggio acquisisce un’identità precisa, che non svanisce nel ricordo, ma diventa conoscenza, esperienza e parte della nostra identità.

Nel racconto, ogni luogo visitato assume la funzione di un simbolo, ogni incontro diventa specchio, ogni ritorno una nuova nascita.

La scrittura è la nostra Itaca mentale: lo spazio in cui raccogliamo le tracce disperse del percorso per ricondurle in un’unica direzione.

Come Ulisse, chi scrive attraversa prove, deviazioni, soste.

E, proprio come lui, ritrova nel racconto la misura della propria umanità.

Scrivere di viaggio non significa descrivere un itinerario, ma dare voce al movimento che quel viaggio ha generato dentro di noi.

Ecco perché ogni viaggio è unico e merita di essere scritto, fermato nel ricordo che prende forma nelle parole che utilizzeremo per consegnarlo alla storia. La nostra.

Fare del ritorno un esercizio di introspezione è il regalo più grande che possiamo farci

Nel mio percorso di Scrittura di Viaggio, il ritorno assume un valore centrale:
partire verso una meta geografica è solo l’inizio.

La vera destinazione è il nostro mondo interiore, uno spazio di consapevolezza da esplorare con attenzione e curiosità.

Il viaggio esterno può essere breve o simbolico; ciò che conta è il movimento interiore che innesca.

Attraverso la scrittura, il ritorno diventa esercizio di presenza:
 -una mappa per orientarsi nel cambiamento,
 -riconoscere le proprie trasformazioni e
 -dare loro voce.

Perché ogni Itaca esiste per ricordarci che la fine del viaggio non è mai un punto d’arrivo, ma un nuovo inizio di sé.

Attraverso la scrittura, possiamo rendere tangibile questo nuovo inizio: la mappa della nostra trasformazione interiore prende vita dalle parole che scegliamo di tracciare.

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