
Foto © Eleonora Tomelleri
“La cosa più importante in assoluto è essere autentici:
essere se stessi quando si fa Coaching e non interpretare il ruolo di Coach.”
(COACHING INDISPENSABILE – Steve Bavister – Amanda Vickers – Unicomunicazione, 2021).
Ho pensato che fosse importante riprendere questa affermazione, poiché ritengo fondamentale il dovere di “essere autentici”, qualunque sia la nostra attività o professione.
Questo principio viene rafforzato dal concetto di “essere e non interpretare“, sottolineando ancora di più l’importanza di questo pensiero.
Ma attenzione: non deve limitarsi a rappresentare un pensiero.
Deve essere accolto come stile di vita, filo conduttore all’interno della nostra professione.
Perché è così importante essere autentici?
L’autenticità è una delle chiavi principali per costruire relazioni solide e durature, sia nel mondo professionale sia personale.
Rappresenta la base sulla quale si costruisce la fiducia fra il professionista e coloro che beneficeranno della sua attività.
Quando un professionista agisce in modo autentico trasmette sincerità e trasparenza, caratteristiche in grado di aumentare la fiducia dei clienti.
Sincerità, trasparenza e fiducia, quindi, si alimentano reciprocamente.
Un altro punto fondamentale è rappresentato dalla coerenza tra ciò che il professionista promuove e ciò che effettivamente offre.
Diventa difficile “offrire ciò che non ci appartiene”.
Penso che su questo punto non ci siano dubbi.
Certo.
Qualcuno potrebbe obiettare che, come un bravo giocatore di poker, si possono imparare i trucchi per bleffare.
Si impara a far credere di avere ciò che non ci appartiene, oppure, nel nostro caso, a mostrare ciò che non si è.
Non c’è bisogno di sottolineare l’inutilità di questo approccio, nonché la mancanza di rispetto dal punto di vista etico-professionale, dal momento che stiamo costruendo un rapporto con l’intento di gettare le basi per una solida relazione di fiducia reciproca.
Se le persone vicine a noi – non solo clienti, ma anche amici e colleghi – percepiranno la nostra autenticità, si sentiranno più sicuri nell’affidarsi a noi.

Foto © Eleonora Tomelleri
Come calare questi principi nell’attività di coaching?
Essere autentici – essere veri e non interpretare – significa “essere se stessi nella propria interazione con i clienti, senza mascherare la propria personalità dietro un “ruolo che non si appartiene”.
Le persone, forse non tutte in maniera immediata, percepiscono la sincerità e l’autenticità del loro interlocutore, facilitando così la creazione di un legame significativo tra coach e cliente, condizione basilare per raggiungere a stabilire un rapporto efficace, che permetterà al coach di
- utilizzare appieno le proprie capacità e risorse personali,
- supportare il cliente,
- creare un ambiente di “tranquillità emozionale” necessario al coachee,
- agevolare il cambiamento desiderato da chi si affiderà alla sua professionalità.
L’autenticità richiede di essere in sintonia con i propri valori e principi.
Questa coerenza tra ciò che si dice e ciò che si fa, o come viene espresso oltremanica con le parole “walk the talk”, è essenziale per mantenere l’integrità professionale e l’etica nel coaching.
Ma quali tecniche può adottare un Writer Coach per promuovere autenticità e connessione emotiva?
Dopo un primo dialogo conoscitivo il Writer Coach proporrà un elenco di domande aperte alle quali il coachee dovrà rispondere in forma scritta.
Le domande trarranno spunto dal confronto verbale al fine di incoraggiare il cliente a
- esplorare i propri pensieri,
- individuare sentimenti ed emozioni,
- ricercare cosa genera lo stato d’animo che sta vivendo,
- riconoscere le cause della situazione che desidera risolvere,
- definire i propri obiettivi in modo più approfondito.
Alla base di questa attività non troviamo, quindi, solo l’ascolto attivo – base di ogni rapporto di coaching – ma anche una attenta analisi dello scritto che produrrà il coachee.
Se nella relazione di coaching one-to-one frontale si prendono in considerazione non solo le parole, ma anche
- il tono della voce,
- il linguaggio del corpo,
- le emozioni sottostanti,
nel coaching attraverso la scrittura diventa importante considerare
- sostantivi,
- aggettivi,
- verbi,
utilizzati per descrivere lo stato d’animo o la situazione che si vuole condividere.
Questi diventeranno la base di studio per il Writer Coach al fine di comprendere la situazione interiore che il coachee desidera portare al di fuori.
È chiaro il maggior impegno per questo tipo di professionista, che non terminerà la propria attività con la fine della sessione, ma sarà impegnato nelle due fasi successive:
- analisi dello scritto,
- formulazione di un feedback.
Sì, perché, nel rispetto del rapporto “scritto” avviato, anche il feedback dovrà, almeno in parte, essere formulato in forma scritta.
Va detto che, nella maggior parte dei casi, il coachee – o lo scrittore-coachee – a questo punto ha piacere di ricevere un feedback anche verbale.
Questo lo aiuta a
- superare le iniziali difficoltà a parlare,
- vedere il Writer Coach come “persona fisica con cui interagire personalmente” e non come “entità dietro le quinte”,
- comprendere che dare voce alle emozioni – dopo averle identificate per iscritto – permette di lasciarle andare più facilmente.

Se consideriamo il writing coaching dedicato agli scrittori, quali tecniche potrebbero essere più appropriate?
Con uno scrittore-coachee l’attività risulta in parte più facilitata, proprio perché si può sfruttare l’inclinazione a scrivere del coachee.
Che però non dovrà trarre in inganno, e solo in parte risulterà più consona:
- una cosa è scrivere nell’ambito dell’argomento scelto per la propria attività,
- altra cosa diventa “scrivere di sé”.
Il Writer Coach, dopo la fase iniziale di reciproca conoscenza, proporrà allo scrittore-coachee tecniche diverse che possono concretizzarsi in
- brainstorming creativo – incoraggiando lo scrittore-coachee a esplorare idee in modo libero per stimolare creatività e l’innovazione nella scrittura,
- analisi del pubblico di riferimento – per comprendere o riconoscere meglio il proprio pubblico e poter trovare uno stile più adatto in grado di soddisfare le loro esigenze e preferenze,
- revisione ed editing – fornendo un feedback dettagliato sul lavoro dello scrittore-coachee – ecco perché non ci si improvvisa Writer Coach ma serve anche una professionalizzazione come editor – affinché possa rivederlo in modo critico e costruttivo,
- gestione del tempo e pianificazione – per aiutare lo scrittore astabilire obiettivi di scrittura aderenti alla realtà e a pianificare il proprio tempo in modo efficiente, mantenendo produttività e motivazione.
Cosa possiamo evincere da questo nostro breve excursus tra attività, autenticità e relazioni?
“Essere autentici e non interpretare” non può che creare un legame emotivo, vero e originale con le persone che si affideranno a noi.
Quando il professionista riesce a mostrare la propria autenticità e trasparenza, le persone tendono a rispondere positivamente perché si sentono comprese e valorizzate.
Trovo che sia un atto di coerenza e onestà intellettuale nei confronti di chi si affida alla nostra professionalità, che diventa ancora più importante in un ambito delicato come quello del writing coaching.
Ecco la mia promessa.
Come Writer Coach sarò al tuo fianco per aiutarti a
- focalizzare il tuo messaggio originale,
- ritrovare la motivazione alla scrittura,
- farti strada nelle incertezze che potrebbero presentarsi durante la scrittura del tuo libro.
Servirà il tuo impegno, ma potrai sempre contare su di me per superare ogni ostacolo e ritrovare il piacere che la scrittura è in grado di regalare.
La cosa più importante sarà condurti ad essere te stesso attraverso le parole che scriverai.
Se senti che qualche punto merita di essere approfondito, contattami.
Troveremo insieme la risposta e la modalità più adatta a te.





